"Non importa che il gatto sia bianco o nero, l'importante è che acchiappi i topi" – Deng Xiaoping1
Deng Xiaoping è spesso considerato l’architetto della Cina moderna, avendo sostenuto un
approccio pragmatico allo sviluppo economico e sposato il sistema di libero mercato delle
economie occidentali. Tuttavia, molti dei principi da lui sostenuti sono stati in apparenza
capovolti negli ultimi mesi, e i mercati hanno iniziato a domandarsi se il sistema economico nato
dalle riforme di Deng alla fine degli anni ’70 stia per cambiare definitivamente.
A innescare questi timori è stata l’azione normativa riguardante le aziende cinesi di istruzione
doposcuola, che avevano riscosso grande favore presso gli investitori azionari per via della
solida domanda espressa dai genitori, interessati ad avvantaggiare i propri figli in un sistema
scolastico altamente competitivo. Tuttavia, di recente questo idillio è stato bruscamente
interrotto, poiché la nuova regolamentazione ha di fatto reso questo un settore senza scopo di
lucro. Ciò ha ridotto il mercato di riferimento per queste aziende da 100 miliardi di dollari a 25
miliardi di dollari2
, erodendo di svariati miliardi le capitalizzazioni di mercato di imprese di
istruzione come New Oriental e TAL Education (Figura 1). Benché le congetture in merito a un
intervento normativo proseguissero da anni, il passaggio all’attività non profit costituisce uno
scenario molto sfavorevole che pochi investitori avevano previsto.
Figura 1: Aziende di istruzione doposcuola (capitalizzazione di mercato, miliardi di dollari)
Fonte: Bloomberg, al 13 agosto 2021
Una volta che le acque si saranno calmate, il divieto di svolgere attività a scopo di lucro per le
società di istruzione potrebbe un giorno essere considerato uno spartiacque nella storia del
mercato cinese; inoltre, nel contesto di altri cambiamenti normativi che attendono le grandi
imprese tecnologiche del paese, potrebbe trattarsi del più chiaro segnale di intenti finora
trasmesso riguardo alla transizione verso un diverso tipo di modello di crescita economica. Il
governo cinese ritiene sempre più importante privilegiare la qualità della crescita piuttosto che la
quantità; un problema che vuole affrontare, in particolare, è l’aumento delle disuguaglianze
sociali, specialmente nelle tre aree che suscitano maggiori preoccupazioni nella classe media:
istruzione, alloggi e assistenza sanitaria. Le imprese private altamente redditizie che offrono
servizi di doposcuola, per i quali le famiglie hanno speso il 7-9% del loro reddito nel 20173,
difficilmente saranno viste di buon occhio sotto questo nuovo regime. Adesso è diventato
importante il modo in cui il gatto acchiappa il topo, non solo il fatto che è in grado di
acchiapparlo.
Cina: prima innovare, poi regolamentare
Europa: prima regolamentare, poi non innovare
Stati Uniti: prima innovare, poi non regolamentare4
Europa: prima regolamentare, poi non innovare
Stati Uniti: prima innovare, poi non regolamentare4
Al tempo stesso, la nuova regolamentazione è stata anche fonte di volatilità di mercato per i
colossi tecnologici cinesi. Nel corso dell’ultimo decennio aziende come Alibaba e Tencent sono
state all’avanguardia della “new economy” cinese, promuovendo la digitalizzazione
dell’economia del paese con ecosistemi tecnologici in grado di sfidare quelli degli omologhi
leader statunitensi. Grazie al successo dell’innovazione e alla crescita esponenziale, al picco di
febbraio le società di Internet costituivano quasi la metà dell’MSCI China Index.5
In passato la Cina ha lasciato i settori liberi di sperimentare nelle fasi iniziali al fine di alimentare
la crescita, per poi regolamentare la loro attività di fronte alle prime difficoltà. Adesso è il turno
dei titoli tecnologici. Molti problemi che le autorità stanno cercando di risolvere sono analoghi a
quelli che riguardano le società statunitensi: antitrust, sicurezza dei dati e diritti dei lavoratori. La differenza è che in Cina introdurre nuove norme è generalmente più facile e l’assenza di lunghi
giri di consultazione può dare l’impressione di mosse improvvise e avventate. Nonostante la
crescente regolamentazione, è importante non confondere l’azione normativa con quella che ha
causato il ribasso delle aziende di istruzione. Nel caso delle big tech, è molto probabile che il
governo cinese si renda conto di avere effettivamente bisogno di imprese a scopo di lucro per
realizzare un altro dei suoi obiettivi politici: quello di una maggiore autosufficienza tecnologica,
un traguardo che è diventato sempre più urgente dal 2018, quando l’ex presidente degli Stati
Uniti Donald Trump ha avviato la sua azione di contenimento nei confronti della Cina mediante
politiche incentrate sulla tecnologia. Pechino desidera ancora che le aziende tecnologiche
prosperino, ma vuole che lo facciano in modo tale da soddisfare i suoi obiettivi politici.
"Attraversare il fiume tastando le pietre"6
Arriviamo così all’impatto di mercato di questi provvedimenti, che inducono molti operatori a
domandarsi se il nuovo regime non precluda di fatto gli investimenti in Cina. Si potrebbe
sostenere che è troppo presto per trarre una conclusione tanto drastica. Le recenti allusioni di
alcuni esponenti del governo suggeriscono che l’impegno verso i principi basati sul mercato
persisterà, con il divieto estremo di svolgere attività a scopo di lucro limitato probabilmente al
solo settore dell’istruzione. Tuttavia, è ragionevole aspettarsi ripetuti interventi legislativi in altre
aree, via via che i regolatori cercano di interpretare e attuare la nuova enfasi posta dal governo
sull’autosufficienza tecnologica, la decarbonizzazione e la riduzione delle disuguaglianze sociali.
Ancora una volta, l’economia cinese continua a evolvere, e le imprese operanti nei settori sotto
esame dovranno modificare i loro modelli di business. La maggior parte di esse riuscirà a
guadare il fiume, ma non è chiaro quale sarà il loro profilo di redditività nei prossimi tre-cinque
anni. A fronte della significativa incertezza che pesa su oltre il 40% del mercato azionario della
Cina, i multipli che gli investitori sono disposti a pagare per i titoli cinesi sono destinati a
diminuire. Di conseguenza, abbiamo chiuso la nostra posizione in Tencent, dopo aver detenuto
il titolo per molti anni.
Non dobbiamo dimenticare, tuttavia, che la Cina è la seconda più grande economia del mondo e
che permangono opportunità di crescita, anche al mutare del regime economico. Alcune delle
nostre società in portafoglio, che sono quotate altrove, hanno una significativa esposizione alla
Cina, e rimaniamo ottimisti sulle loro prospettive di crescita, specialmente laddove i ricavi sono
allineati ai nuovi obiettivi politici. Ad esempio, i piani di decarbonizzazione della Cina saranno
probabilmente vantaggiosi per i produttori di veicoli elettrici, e a sua volta per un fornitore come
la nostra partecipata TE Connectivity, che genera un quinto dei propri ricavi nel paese.
Analogamente, l’altra faccia della medaglia del divieto imposto dal governo sulle attività di
doposcuola è stato l’annuncio di nuove politiche volte a promuovere una maggiore
partecipazione alle attività sportive, che dovrebbe giovare a un’altra delle nostre posizioni,
Adidas, per la quale la Cina rappresenta un quarto del fatturato.
Altre opportunità si presenteranno nel tempo, ma preferiamo aspettare che il quadro politico
diventi più chiaro: non abbiamo ancora attraversato completamente il fiume.